Ch'entro v'asside, e mille a lei dintornoScuotono l'ale impazļenti aurette.
Dove l'irto Snodenio il capo inchinaLa rauca ad ascoltar onda suggetta,
Sovra il sommo cocuzzolo s'inerpicaLa romita LICHENE, e ignota altrui
Beve l'aure solinghe; ardon brillandoSu la sua fronte innumerevol'astri,
Ed il letto selcioso a lei col freddoRaggio indora la luna. Mentre intorno
A' fessi greppi volano fischiandoTurbini e venti, e de la Ninfa a' piedi
Negri ondeggiano nugoli tonanti,
Il suo sposo fedel dietro le correPer gli erti calli, e le sue lucid'orme
Su la rugiada pur mo' pressa insegue,
Pago Imenčo la face accende; intornoA le rupi s'aggira, gl'intricati
Sentier lustrando; co' suoi casti influssiRisponde a' voti, che formār segreti
Que' due cori, e l'attonito desertoDi rose ancor non conosciute adorna.
Allor che Sirio da l'eterea volta[24] Sovra Albļone vampeggiando squassa
Gl'ignei capegli, e invano a' miti nembiA le rugiade invan chieggon ristoro
I sitibondi solchi; allor che i fiumiGiaccion su l'urna polverosa, ed arsi
Ammutiscono i rivi, e lo sfioritoMargo screpola, e languono l'erbette;
Con pič mal fermo a la romita valleLa vezzosetta DĢPSACA rifugge:
Scendi, con fioca voce sclama, ah scendiRugiada amica!" e a pover'ombra in tanto
Si ripara; ma fervida č pur l'ombra,
E invan chiama le Najadi in soccorso,
Se non che quattro giovani Silvani
D'intatta vena a lei recano il dolceTesoro in nappi cristallini; grata
L'umile Ninfa al don cortese, libaDa le lor mani, grazļosa in atto,
Il calice proferto, e la fresc'onda
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