A' cerosi alveari; gli esultantiGnomi in lucenti drappelletti accolti
Posano lungi d'avvizzato fungoSotto il patulo tetto; e tremebonda
A' casti gigli si raguna in senoL'alma turba de' Silfi. Ecco giocondo
Nembo a traverso il queto aere scroscia,
E de la pioggia le brillanti stilleornano quasi perle i fior ridenti.
[32] INTERMEDIO I.
ossia
DIALOGO TRA IL POETAED IL SUO LIBRAJO.
Librajo. I vostri versi, signor Botanico, non sono che una pura descrizione; il senso, per quel che mi pare, è nelle note.
Poeta. Io sono unicamente un pittore di fiori; ed è un accidente se talvolta mi provo nel paesetto; del resto lascio la figura ed i soggetti storici a più abili artisti.
L. Ben per voi, che conoscete i limiti del vostro pennello; molti mancarono di successo per difetto appunto di non conoscere se medesimi. Ma ditemi in grazia, qual è la differenza essenziale tra la poesia e la prosa? è ella solamente la melodia o la misura del parlare?
P. Non è questa solamente, io penso; poichè alcune prose hanno la loro melodia, ed anche la loro misura. Ed ottimi versi, bene recitati in una lingua sconosciuta all'uditore, difficilmente per lui distinguonsi da una bella prosa.
L. È ella forse la sublimità, la bellezza, la novità de' concetti?
[33] P. Neppure; giacchè sublimi concetti sono non di rado benissimo espressi in prosa. Così quando Warwick, in una tragedia di Shakespeare, è rimasto ferito sul campo, in seguito alla perdita della battaglia, ed il suo amico gli dice: O poteste almeno fuggire! qual risposta può darsi più sublime di questa: Che? allora io non vorrei fuggire.
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