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      Per esempio: la luce suole agire sull'occhio; un poeta adunque, che parlando della luce, le desse attributi concernenti il senso della vista, non direbbe nulla di nuovo, e metterebbe in azione quell'istesso senso, che ne è tutto giorno affetto. Quindi Dante, volendo schivare questo difetto, variando ad un tempo lo stile ordinario, e dando un'aria di novità ad una cosa comunissima, invece di dire: io venni in luogo, in cui non RISPLENDEVA alcuna luce, ovvero, com'egli medesimo s'espresse in altro sito: E vengo in parte, ove non è che LUCA, disse: I' venni in loco D'OGNI LUCE MUTO; e in questo caso egli parlò all'orecchio invece di parlare all'occhio, come si sarebbe dovuto fare nel linguaggio ordinario. - Ho riportato a bella posta questo esempio per rivendicare il pregio d'un passo tanto oltraggiato da' frivoli saccenti, e nell'istesso tempo per animare, coll'autorità del sommo Poeta, i nostri scrittori a prevalersi d'una sì tersa fonte di varietà e di novità, prerogative, di cui tanto abbisogna la poesia, e che le vanno continuamente mancando. - Il Trad.
     
      (b) Il sublime, il nuovo, il bello sono in natura, e chi fuor di essa li vuol ricercare, non troverà che mostri. Ma ciò, che costituisce il sublime, il nuovo, il bello, in natura è qua e là sparso; è quindi officio del poeta o del pittore di raccoglierlo accuratamente, di ben comporlo, e di offrirlo sotto il più opportuno aspetto innanzi al lettore od allo spettatore. Così Zeusi, allorchè dipinse la sì celebrata Elena, onde ella fosse di un bello straordinario, non fece che radunare le più belle fanciulle, che gli fu [47] possibile; da ciascuna trascelse le parti perfette, le copiò, e compose così un tutto, che, sebbene tolto nelle sue parti dalla natura, non si sarebbe tal quale in natura ritrovato; ma che altronde non può dirsi fuor di natura, giacchè ogni parte componente fu dalla natura copiata per formare un tutto, che è interamente simile ad un altro della sua specie presentato dalle mani della natura medesima; fuorchè in quello artificiale si sono schivati più che fu possibile gli ordinarj difetti, sostituendovi perfezioni e bellezze, esse pure dalla natura copiate.


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Gli amori delle piante
di Erasmus Darwin
Pirotta e Maspero Milano
1805 pagine 266

   





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