Sciogliendo ed inni da' canori labbri,
Di balsamici germi e di soaviFiori ghirlande ordìa, fragrante ornato
De la pergola sacra; ed i più rariTesor, che asconda ne le aerie rupi
O nel suolo Natura, o vero in senoA perlifero mar, sovresso l'ara
Tutti depose: per la inferma Loxa
Supplice alzò la voce; amica un'auraSoffiò tosto, e avvampando arse l'incenso.
Deh! piegar non isdegna, Igèa divina,
Su gl'infelici, che a te porgon voti,
Gli angelici tuoi guardi; odi propiziaI nostri gridi, e ne proteggi. Ahi! mentre
L'Astro d'autunno in sua carriera scuoteLe radïanti nebulose trecce,
Di funesta irrigando orrida luceLa muta notte, truculenta irrompe
Da' tetri stagni la gigante FEBBRE,
E, in caligine avvolta, su grand'aleDi vampiro discende: a lei dinante
Va barcollando tremoroso i membriIl Brividìo; siegue la cruda l'orme
Di sue calcagna, per le nari fuoraVampe soffiando; alto le ferree palme
[71] Ringhiando batte il rio Demòne, scalpitaCon livid' ugna, e le foreste e i campi
Scorre ululando, e rosee guance sfiora,
E nervi fiacca e polsi, e con vipereoFlagello incalza le strillanti torme...
Deh! piega, o Dea, gli angelici tuoi guardiSu gl'infelici, che, prostrando, al suolo
Le ginocchia, te invocano: oh propiziaOdi i nostri lamenti, e ne proteggi!"
Da l'ardue de gli Dei sedi beateL'alma Igèa vide rugiadosi i lumi
Alzar la mesta Ninfa, e, larghe al cieloProtendendo le braccia, sospir cupi
Esalar da' precordi. A se repenteLa Gioventù trasse e la Gioja, entrambe
Sue leggiadre compagne, e folgorandoCon seco in giù per lo seren calossi;
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Natura Loxa Igèa Astro Brividìo Ringhiando Demòne Dea Igèa Ninfa Gioventù Gioja
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