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      Dal cielo istrutto, su per invie sabbieInnanzi trasse ad infocata rupe
      Le sue querule schiere, e, di forcutoRaggio in fronte avvampando, alto la sacra
      Verga in sua possa alzò. - Squarciasi il fiancoDel gran macigno, ed iscrosciando a un tempo
      Erompe al vulgo sitibondo in mezzoL'onda sfrenata, e luccica per vìa.
      D'ogni parte affollarse allor tu vediL'avide turbe, e qual n'empie l'elmetto,
      Qual nappi e conche, e qual prono v'attuffaLe aduste labbia; e de le ardenti palme
      Chi si fa vase, e chi v'immerge o spruzzaGli sparuti bambini; indi, prostrando
      L'umil ginocchio in su la fessa rupe,
      Grazie a lo eterno Sire ergono e voti.
      Stesa in vile grabato ecco la smortaIdrope, al duolo ed a' bisogni in preda,
      Anelitando il volto enfiato estolle;
      E, temprate o ruscei, grida, temprateL'acre mia sete colle gelid'acque!
      [74] L'avida lingua in tanto irrora, e biechiVolge gli occhi ne l'orbita profonda.
      Così qualora, ahi rio tormento! inchinaTantalo il capo sul rigagno, l'onda
      Da le sue labbia rifluendo fugge:
      La fronte egli alza, e il rivo a lui di novoIl petto lava, sì che ognor da l'onde
      Circuìto, di sete ognor si strugge. -
      Propizia Igèa, dal curvo ciel scendendo,
      A le acute sue grida orecchio porge,
      E de la bella DIGITALE assunteLe vesti e il passo, e la vermiglia guancia
      E 'l niveo collo e il nero crin mentita,
      Move in tutto la Dea pari a la Ninfa:
      Scorta da quattro giovani, che incontroA la turba accorrente le fan siepe,
      Ella scuote la verga angui-intrecciataSu l'infelice, e prona, con la destra
      A lei la fronte e l'omer lasso ergendo,


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Gli amori delle piante
di Erasmus Darwin
Pirotta e Maspero Milano
1805 pagine 266

   





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