Non soffia mai. De l'Opulenza ei molceIl duro cor coll'eloquente lingua
Arbitra degli affetti, ed a lei schiudeLe stringentisi palme: o ne gli oscuri
Antri conduce la severo-occhiutaAstrèa, se non a frangere, de l'aspre
Anella almeno ad alleggiare il pondo:
Od a feral bujo a traverso guidaLa commossa Pietate, e 'l lamentoso
Carcer, fratello de la tomba! addita;
E pago n'esce allor, che la devotaMadre ridona a gli orbi pegni, e al caro
Parente e sposo libertade e vita. -
I benefici Spirti, che da l'alteSfere volgono l'auspice pupilla
Su le scene terrestri, allor che avvoltoFra l'aureo di Virtù velo più puro
Videro in prìa pellegrinar sul globoIl fido Ovardo suo, cinto la fronte
D'immortal serto, che perenni i rai,
[77] Sembiante al sole, dardeggiava intorno,
Argomentâr, che un Angelo quà giusoOspite errasse, e si chiedean tra loro
Quai celesti imprimean orme la terra. -
Ei passa, e vinta innanzi a lui la Morte
S'arrètra ed ogni Male, e mormorandoL'odia e l'ammira la infernal famiglia.
Quì la Dea posa. Ossequïosi i Gnomi
Depongono il divin plettro su l'araAd Igèa sacra; e giù de' Silfi il coro
Scendendo allenta le tremanti fila,
E, giuocolando, su gli ombrosi vanniCoglie le stille de la queta pioggia. -
....Ma ecco gentil Najade modestaDal suo fonte selcioso empie di terso
Flutto l'urna d'argento: arido cedroV'accatasta dintorno; e già lucente
Arrampica la fiamma, ed i fastelliArdono crepitando: ella co' sommi
Diti vezzosi la verd'erba toglieDono d'invidïati orti cinesi;
In preziose tazze indi riversaIl fumante tesoro, e a dolce riso
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