Aprendo il labbro, sul chino ginocchioOffre del Te la ridolente essenza.
[78] INTERMEDIO II.
DIALOGO TRA IL POETAED IL SUO LIBRAJO.
Librajo. I mostri del vostro Giardino Botanico non sono meno strani dei tori co' piedi di bronzo, e de' draghi soffianti fuoco, che custodiscono i frutti delle Esperidi; nondimeno non sono spiacevoli nè pericolosi; e nella maniera che voi gli avete concatenati insieme presentandogli al lettore, essi si succedono l'un l'altro abbastanza piacevolmente per interessarlo. In ciò almeno rassomigliano ai mostri delle metamorfosi d'Ovidio; ma le vostre similitudini, a mio giudizio, hanno dell'Omerico.
Poeta. Omero certamente, questo sommo poeta, conobbe assai bene l'uso da farsi di un cotal genere d'ornato nella poesia epica. Egli trasporta i suoi valorosi eroi nel campo con molto apparecchio, e li pone in zuffa con gran furore; ed allora, dopo poche botte e risposte, introduce una lunga tirata di similitudini. Intanto si suppone che la battaglia continui; trascorre nella nostra immaginazione il tempo necessario all'azione, e ne risulta un grado di probabilità, che contribuisce alla temporaria illusione, ovvero estasi del lettore. Ma le [79] similitudini d'Omero hanno un altro carattere, per cui piacciono; esse non quadrano o s'adattano a guisa, delle più formali similitudini d'alcuni scrittori moderni; un solo punto di rassomiglianza sembra per lui essere un pretesto sufficiente per introdurre un cotal genere di digressione. Egli allora procede a spargere: tratti d'amena poesia sopra questo nuovo oggetto, e così converte ciascuna similitudine in una specie di breve episodio.
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