Ma, oltre di ciò, alla rappresentazione d'una bella tragedia, noi non troviamo solamente diletto nella dignità novità e bellezza degli oggetti, che ci vengono offerti dinanzi, ma, se alcune circostanze di dolore occorrano in un modo che urti di troppo la nostra sensibilità, possiamo volontariamente farci animo e riflettere che la scena non è reale; e quindi, non solo la pena, onde fummo compresi dall'apparente spettacolo di dolore, viene scemata, ma ci si apre una nuova fonte di piacere, simile a quello che frequentemente abbiamo provato nel destarci da un sogno penoso; noi siamo contenti, che non sia vero. Noi siamo, nel medesimo tempo, male inclinati ad abbandonare il piacere, che riceviamo dalle altre interessanti circostanze del dramma; e, sotto questo rapporto, subitamente ci lasciamo ricadere nella illusione; e così alternativamente crediamo e non crediamo, quasi ad ogni momento, l'esistenza degli oggetti innanzi a noi rappresentati.
L. I due sovrani del regno poetico, Omero e Shakespeare, furono eglino nelle loro opere interamente esenti dall'Orrido? e voi pure nel vostro terzo Canto?
P. La descrizione degli sbranati cadaveri [84] de' compagni d'Ulisse, nella grotta di Polifemo, è certamente, a questo riguardo, riprovevole come fu bene osservato da Scaligero. E nella tragedia di Tito Andronico, dato che sia stata scritta da Shakespeare (lo che per intrinseca evidenza parmi assai improbabile) sonovi molte circostanze orride e disgustose. Il seguente Canto è sottomesso alla schiettezza del critico lettore, alla cui opinione mi arrenderò in silenzio.
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