Ma supponiamo, che il poeta abbia messo tant'arte nella sua tragedia da alienare a poco a poco la mente da codesta sorta d'operazione, e da obbligarla ad occuparsi unicamente, e con tutta l'intensità, di ciò che si rappresenta, in maniera da produrre la più grande illusione, ossia vera estasi. Per costituir l'estasi è necessa[104]rio, per quanto sappiamo da Darwin (che nella Zoonomia ha sì bene analizzato e definito questo stato), è necessario dico, che abbia luogo una gran sensazione di piacere, o un grande sforzo di volontà, per cui veniamo interamente occupati a tener dietro a qualche interessante serie d'idee. Ora, se l'estasi è prodotta da una gran sensazione di piacere, non può in questo caso aver luogo il dolore, che si suppone eccitar la tragedia. Così pure non potrà aver luogo dolore, allorchè l'estasi è prodotta da grande sforzo di volontà; giacchè il dolore, anzichè venir cercato volontariamente, è sfuggito quanto più puossi: dunque noi non impiegheremo questo sforzo di volontà per occuparci esclusivamente d'un oggetto qualunque, se non nel caso che questo oggetto ci rechi piacere. Che se, durante l'estasi, una impensata situazione della tragedia sarà tale da poter produr sensazione dolorosa in chi
la credesse reale, cesserà in noi tosto l'estasi, in cui eravamo rapiti, cioè non impiegheremo più tanto sforzo di volontà per occuparci unicamente dello spettacolo, ma anzi rivolgeremo la potenza di volizione a rimembrarci, che ciò, che vediamo, è finto. E che ciò addivenga è innegabile; poichè noi sappiamo che, durante l'estasi, non solo continuano imperturbati i movimenti volontari, ma ben anco imperturbati continuano i movimenti [105] associati.
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