Stenti e perigliSprezzando audace, dal natìo terreno
Fuggì la maga: il buon parente, indarnoMolle gli occhi di pianto, e i cari amici
Co' cenni de le man le fean richiamo,
E indarno, ahi pure! su le tumid'ondeAmorosi gittârsi. Alto da lungi
Fulgea l'aureo tesor; Gloria ed Amore
Spingean la prora alternamente; ed ellaBlandiva intanto co' soavi labbri
Rubicondo fanciullo, ed a vezzosaBambinella guancial fea del suo petto.
Ma la funesta omai Tessala piaggiaDa l'alto mare inaspettata accoglie
L'eroina matrona; empieano l'auraTrïonfali oricalchi, di fior cinte
Fumavan l'are, e popoli plaudentiAl rèduce Signor porgean saluti.
Come la sventurata in prima volseI cupid'occhi, inorridendo vide
Nuovo talamo adorno, e al tempio tratta[124] Del suo Giason fra le venali braccia
La superba Creusa, e di ludibrioCarca e d'onte sè vide; e i cari figli
D'onor nudi e d'imperio errar disertiIn un pur vide e d'ogni speme tolti
Fra straniere contrade!... E chi, le primeD'amor fiamme obblïate, osò spergiuro
Romperle fede? e chi sprezzarne l'iraE la vendetta? Quei medesmo, ahi lassa!
Cui del suo volto la beltà già vinse,
E sua possa scampò. Bieco uno sguardoLanciò al perfido Sire, e in mezzo 'l core
Sentissi, o Ingratitudine, confittaLa più acuta tua spina. "Ah! nè ciel dunque,
Nè terra, ella gridò, nè inferno puoteFrenar'alma, cui d'Oro arda la sete?"...
Scalpitò furïando, il capo scosseRaccapricciato, e da le stigie grotte
L'Erinni alto chiamò. - Fuor de la terra,
Sopra ruote di foco, avvolto in tetraNotte di nubi, e da fischianti tratto
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Gloria Amore Tessala Giason Creusa Sire Ingratitudine Oro Erinni
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