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      P. Nella poesia del nostro linguaggio io non penso che nulla si debba cercare d'analogo alle note della solfa: giacchè, tranne forse alcune poche esclamazioni o interrogazioni, noi siamo in libertà di alzare o di abbassare la nostra voce una o due ottave a piacimento, senza alterare il senso delle parole. Quindi, se tanto la poesia che la prosa sieno lette in tuoni melodiosi di voce, come fassi nel recitativo o cantando, ciò devesi ripetere dal leggitore, non dallo scrittore: giacchè, quantunque possano scegliersi parole le quali sieno meno aspre di altre, cioè, che abbiano meno improvvisi intoppi, o in cui le consonanti sieno frammezzate dalle vocali, e che ab[150]biano lettere meno sibilanti, tuttavolta ciò non costituisce melodia, la quale consta di aggradevoli successioni di note riferibili alla solfa; o veramente armonia, la quale consta delle loro aggradevoli combinazioni. Se è vero, che il linguaggio Chinese, come i viaggiatori assicurano, ha molte parole di simile articolazione, le quali però significano idee differenti, secondo che vengono pronunciate in una nota musica più alta o più bassa, egli deve essere suscettibile d'effetto più fino, relativamente alla parte udibile della poesia, di quel che lo sieno alcuni linguaggi che noi conosciamo.
      Evvi però un'altra affinità, in cui la poesia e la musica si rassomigliano tra loro più da vicino, e che è stata generalmente conosciuta, cioè la loro misura od il tempo. Non vi sono che due sorte di tempo ammesse nella musica moderna, chiamate tempo triplo, e tempo ordinario.


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Gli amori delle piante
di Erasmus Darwin
Pirotta e Maspero Milano
1805 pagine 266

   





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