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      Larve traverso la beltà traluce. -
      Tempo già fu, che in non dissimil guisa,
      Allor che Alcide, cui domar non valseUnqua fatica, confessò la dolce
      Possa del lusinghevole sorrisoDi Dejanira, folleggiando chiese
      A lui la Bella del lion le spoglie.
      [182] A le inette sue mani offrendo in cambioLa muliebre conocchia. Al niveo collo
      Già ne si getta la velluta giuba,
      E dinanzi abbassati infin sul ciglioI bifidi mustacchi, a l'agil busto
      S'adatta intorno il setoloso manto,
      E sul morbido petto in croce affibbiaL'ispide zampe. A la nodosa clava
      Indi piegando le tenere mani,
      Dal suol la innalza a stento, e la si recaSovra l'omero imbelle. Allor più altera
      Mover fu vista, e strascicar su i pratiL'ondoso lembo del vajato cuojo.
      Lupi, orsi, pardi a quella vista in fugaAbbandonâro le atterrite selve,
      E ringhiando tremâr Satiri e Fauni.
      Questo è l'altier DIANTO: ov'egli scorgaSoavemente lampeggiar d'un riso
      La bella CARIOFILLA, avido il guardoFisando, n'arde di vietate fiamme:
      E sì duolsi e sospira, che a pietateMove la ninfa, e vincitor la piega
      Ad illeciti affetti, ond'è lor dataMostruosa progenie, erede a un tempo
      De l'orgoglio paterno, e travisataDe le rosee beltà tolte a la madre. -
      [183] Allor così che fra gli eòi boschettiSu tremul'ale l'Usignuol vagheggia
      La Reina de' fiori, e a vol librato,
      Soavemente gorgheggiando molceLa vereconda ninfa, ed i fragranti
      Spirti respira, ond'ella olezza intorno;
      Mezzo-augel, mezzo-rosa, ecco un bel mostroSpunta, e già move le sottili foglie,
      E l'aere tratta co' lucenti vanni;
      Le cosce ei mostra irte di lunghe spine


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Gli amori delle piante
di Erasmus Darwin
Pirotta e Maspero Milano
1805 pagine 266

   





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