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      Paventi forse, ch'empioIl sole in suo viaggio
      Ti saetti la morbidaGuancia d'infesto raggio,
      Sì che l'ardore a l'intimeViscere in sen discenda,
      E le vene di subitaFebbre e i nervi t'incenda?
      [257] O che intorno aleggiandotiProtervo zefiretto
      T'abbia i lombi a trafiggereD'acuto reuma, e il petto?
      Od i Silfi, che placideRugiade sovra i prati
      Al dì cadente spruzzano,
      Contra di te spietatiPossan de le tue labbia
      Passar sorto il breve arco,
      Ed acri stille spargertiDe la voce in sul varco;
      O i molli pori chiudertiCon la rìa mano ignota,
      Onde repente stridulaTosse il seno ti scuota?
      Certo nel facil cèrebro,
      A te cotanto inaneTemenza impresse il Fisico
      Venale, ch'ogni maneLezïoso premendoti
      Col sommo de le ditaIl polso, ch'ognor giudice
      Palpita de la vita,
      E nel tuo ciglio immobiliFissando i rai, non senza
      Enfiar le gote, l'arduaEsala alfin sentenza.
      Certo ei fu, ch'entro al limiteDi guardata parete
      A trar con lungo tedioTe astrinse ore indiscrete
      E ti vietò in suon rigidoI densi cangiar veli,
      Onde i membri di giglioTu mattutina celi.
      Sotto negletta cuffiaChe mezzo asconde il volto
      Per lui serbi de l'aureoCrine il volume avvolto:
      [258] Per lui con folle cambioSiedi a povera mensa,
      Che sol care a Pitagora
      Lubrich'erbe dispensa;
      Ed a' sughi, che Bromio
      Allegrator concesse,
      Preponesti le torpideStille da' cedri espresse.
      Ma dì, speri tu, credulaAl medico pedante,
      L'ira così deludereDel CATARRO vagante,
      Che rosso in volto, e l'occhioTurgido, e le narici
      Stillante, ovunque artigliaMille salme infelici;
      E che, maggiore a spargere


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Gli amori delle piante
di Erasmus Darwin
Pirotta e Maspero Milano
1805 pagine 266

   





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