La percezione che abbiamo della bellezza consiste nel riconoscer che facciamo, per mezzo del senso della vista, quegli oggetti, primieramente, i quali ci hanno già prima ispirato amore col piacere che diedero a molti de' nostri sensi, come al senso del caldo, o quello del tatto, dell'odorato, del gusto, della fame, e della sete; e secondariamente quegli oggetti che hanno qualche analogia di forma con quei primi.
Quando il bambino appena nato si trova esposto al freddo dell'atmosfera, ed è quindi applicato al caldo seno della madre, il di lui senso di calore incomincia ad esserne piacevolmente affetto, in seguito il senso dell'odorato è pure affetto piacevolmente dall'odore del latte; quindi lo è quello del gusto, dal sapore del latte stesso; e poscia gli appetiti della fame gli danno anch'essi piacere in conseguenza dell'aver posseduti i loro oggetti rispettivi, e dell'aver digerito l'alimento, e finalmente anche il senso del tatto è dilettato dalla morbida e liscia superfice della fonte del latte, sorgente di tanta varietà di piaceri.
Tutti questi varii piaceri rimangono poi finalmente associati all'idea della forma del petto della madre, che il bambino abbraccia colle mani, preme colle labbra, ed esplora cogli occhi; ed egli va così acquistando più esatte idee della forma del petto della madre, di quello che dell'odore, del sapore, del calore che percepisce mediante gli altri sensi. E quindi noi in età più matura quando ci si offre all'occhio qualche oggetto, i cui contorni ondeggianti abbiano alcuna somiglianza a quelli del petto femminile, sia per modo d'esempio la vista d'un paesaggio con dolci degradazioni di superfice, ossia la forma di vasi antichi, o d'altra opera del pennello o dello scalpello, proviamo un fremito dolce universale, che sembra animare tutti quanti i sensi; e, se l'oggetto non è ampio soverchiamente, proviamo anche un impulso a chiuderlo fra le braccia e ad imprimergli colle labbra un bacio, come già solevamo fare nella nostra infanzia col petto della madre.
| |
Dell'istinto
di Erasmus Darwin
Edoardo Perino Roma 1885
pagine 91 |
|
|
|