A Elford, presso Lichfield, il signor Sawley, avendo presi i leprottini lattanti vivi di una lepre ch'era stata uccisa, una gatta, che aveva appunto perduti i gattini, li portò via, ciò che fu creduto ch'ella facesse per mangiarseli; si vide poi che era stata guidata da affezione e non da fame, giacchè diede loro a poppare, e li allevò come se fosse stata loro propria madre.
Un altro esempio dell'usare erroneamente un animale di ciò che si vorrebbe chiamare istinto può osservarsi di notte nelle mosche e nelle farfalle, le quali, prendendo il lume della candela per la luce del giorno, vi si accostano e vi periscono. Per la stessa ragione il moscone, allettato ed ingannato dall'odore putrido della stapelia, deposita le uova sui bei petali del fiore di questa pianta; i vermi che ne nascono vi periscono poi per mancanza di alimento. Egli è dunque evidente non essere questo preteso degli animali un istinto necessario, poichè l'animale stesso erra nell'applicazione ossia nel farne uso.
I cavalli fra noi mostrano ben poche vestigia di comuni regolamenti; ma nei deserti della Tartaria e della Siberia, quando sono cacciati dai Tartari, si veggono formare una sorta di comunità, porre le sentinelle per non esser colti all'improvviso, e avere tra loro dei capi che affrettano e dirigono il loro corso (Origine del linguaggio, vol. 1, pag. 212). Ed anche da noi, dove si usa di attaccare ai carri quattro o cinque cavalli per lo lungo cioè l'uno dietro l'altro, si osserva sempre il primo volgere le orecchie allo innanzi, e l'ultimo all'indietro, gli intermedi non mostrando punto di aver cura di volgerle in alcuna apposita direzione.
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Dell'istinto
di Erasmus Darwin
Edoardo Perino Roma 1885
pagine 91 |
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