La foresta abbondava di bellissimi oggetti; fra i quali le felci arboree, che, sebbene non fossero grandi, erano, pel loro fogliame verde splendidissimo e per l’eleganza delle fronde, degne al tutto di ammirazione. La sera cadde pioggia dirotta, e sebbene il termometro si mantenesse a 36 centigradi, tuttavia io aveva molto freddo. Appena cessata la pioggia, era curioso osservare lo straordinario svaporamento che cominciava su tutta la distesa della foresta. All’altezza di circa trenta metri le colline erano sepolte in un denso vapore bianco che si sollevava come in tante colonne di fumo dalle parti più fitte del bosco, e specialmente dalle valli. Osservai questo fenomeno in parecchie occasioni. Suppongo che derivi dall’ampia superficie del fogliame riscaldata precedentemente dai raggi del sole.
Mentre io era in questo podere, corsi rischio di essere testimonio oculare di uno di quegli atroci atti che possono seguire soltanto in un paese da schiavi. In seguito ad una disputa e ad un processo, il proprietario era sul punto di portar via tutte le donne e tutti i bimbi agli uomini schiavi, e venderli separatamente in pubblico incanto a Rio. L’interesse solo, non già un qualsiasi sentimento di compassione, lo impedì di mettere ad esecuzione il suo progetto. Infatti non credo che il separare trenta famiglie che hanno vissuto tanti anni insieme, sembrasse al proprietario un atto inumano. Tuttavia sono certo che in fatto di umanità e di buoni sentimenti egli era superiore alla comune degli uomini.
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Rio
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