La sua ragnatela, che sta generalmente fra le grandi foglie dell’agave comune, si rinforza talora verso il centro con un paio o anche quattro nastri a ghirigoro, che collegano due raggi convergenti. Quando un qualche grosso insetto, come una cavalletta o una vespa, vien preso, il ragno, con un movimento pieno di destrezza, lo ravvolge velocemente, e nello stesso tempo emettendo una striscia di fili dalle sue trafile, travolge in fretta la sua preda in un invoglio simile al bozzolo del filugello. Allora il ragno esamina la sua vittima impotente, e dà il colpo fatale nella parte posteriore del torace, poi si ritira ed aspetta con pazienza che il veleno abbia fatto il suo effetto. La violenza di questo veleno si può giudicare dal fatto che dopo mezzo minuto io apersi la maglia di rete, e vi trovai dentro una grossa vespa al tutto senza vita. Questa epeira sta sempre col capo all’ingiù nel centro della sua tela. Quando è disturbata, opera differentemente secondo le circostanze; se sotto la tela v’ha un cespuglio, vi si precipita repentinamente dentro; ed ho veduto ben distinto il filo allungarsi dalle trafile dell’animale mentre questo era ancora stazionario, come preparazione alla caduta. Se sotto il terreno è sgombro, l’epeira non si lascia cadere se non raramente, ma si muove in fretta per un passaggio centrale da un lato all’altro. Quando è maggiormente disturbata, pratica un curiosissimo maneggio: si alloga nel mezzo, e scuote violentemente la ragnatela, che è appesa a ramoscelli elastici, finchè per ultimo tutta la massa acquista un movimento di vibrazione così veloce, che anche il solo profilo del ragno diviene indistinto.
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