Mentre la nave filava nove nodi all’ora, quegli animali passavano ripetutamente davanti alla prua colla più grande facilità, e poi guizzavano via col corpo allo innanzi. Appena entrammo nello estuario della Plata, il tempo si fece molto variabile. In una notte buia fummo circondati da un gran numero di foche e di pinguini, i quali mandavano suoni tanto strani, che l’ufficiale di guardia riferì che egli udiva il bestiame che muggiva sulla spiaggia. La seconda notte, ci fu dato osservare uno splendido spettacolo di pirotecnica naturale, l’albero maestro e le cime dei pennoni brillavano della luce dei fuochi di Sant’Elmo; e si sarebbe potuto quasi disegnare la forma della banderuola, come se fosse stata sfregata dal fosforo. Il mare era cosifattamente luminoso che le traccie dei pinguini erano segnate da un solco di fuoco, ed il buio del firmamento fu momentaneamente illuminato da un lampo vivacissimo.
Alla foce del fiume osservai con molto interesse quanto lentamente le acque del fiume si mescolassero con quelle del mare. Il fiume limaccioso e senza colore galleggiava per la sua minore gravità specifica sulla superfice dell’acqua salata. Questo fatto era più evidente nel solco della nave, ove la linea dell’acqua azzurra si vedeva mescolarsi in piccole ondette col nuovo fluido.
26 luglio. – Gettammo l’àncora a Montevideo. La Beagle doveva studiare, nei due anni susseguenti, le coste meridionale e settentrionale dell’America, al Sud del Plata. Per non ricadere in inutili ripetizioni, prenderò dal mio giornale quei brani che si riferiscono alle località, senza mantenere l’ordine in cui li abbiamo visitati.
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