Per fortuna era un animale ben pratico, e sapeva di che si trattava, altrimenti si sarebbe probabilmente dimenato fino a farsi del male. I Gauchos scoppiavano dalle risa; asserivano di aver veduto ogni sorta di animale preso, ma non avevano mai visto un uomo imprigionarsi da sè.
Durante i due giorni successivi, giunsi al punto più distante che mi premeva di esaminare. Il paese presentò sempre lo stesso aspetto, finchè il verde tappeto delle erbe divenne più faticoso che non una strada polverosa e piena d’inciampi. Vedemmo in ogni parte gran numero di pernici (Nothura major). Questi uccelli non vanno in branchi, nè si nascondono come le pernici inglesi. Sembrano uccelli molto sciocchi. Un uomo a cavallo girando loro attorno in circolo, o meglio in spira, tanto da avvicinarsi loro ad ogni nuovo giro, può colpirne nel capo quante gli aggrada. Il metodo più comune è di prenderle con un nodo scorsoio o piccolo laccio, fatto collo stelo di una penna di struzzo, attaccato alla punta di una lunga canna. Un fanciullo sopra un cavallo vecchio e tranquillo, ne può prendere spesso in tal maniera da trenta a quaranta al giorno. Nell’America Artica del nord gli Indiani prendono la lepre variabile camminando a spira sempre intorno ad essa sino a che le sono sopra; il meriggio è considerato come il tempo più acconcio, quando il sole è alto, e l’ombra del cacciatore non molto lunga.
Al nostro ritorno a Maldonado, seguimmo una via alquanto diversa. Presso Pan de Azucar, punto ben noto da quelli che hanno navigato nel Plata, io rimasi un giorno in casa di un vecchio spagnuolo molto ospitale.
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