Ora io so molto bene che un uomo senza cani può appena uccidere sette cervi in una settimana. Quegli uomini credevano di aver veduto circa quindici struzzi morti (una parte di uno di questi ci fornì il pranzo), ed essi aggiunsero di averne veduti molti correre qua e là evidentemente acciecati od orbati d’un occhio. Un gran numero di uccelli più piccoli, cioè anatre, avvoltoi e pernici rimase ucciso. Vidi una di queste ultime con un segno nero sul dorso, come se fosse stata colpita da un ciottolo. Uno steccato di steli di cardone che stava intorno alla capanna venne quasi gettato giù, e quello che mi dava questi ragguagli avendo messo fuori il capo per vedere cosa fosse, ne ebbe una profonda ferita per la quale porta tutt’ora la testa bendata. Dicevasi il temporale essere scoppiato in un sito limitato; certamente l’ultima notte del nostro bivacco vedemmo in quella direzione una densa nuvola con molti lampi. È strano come animali così grossi come i cervi abbiano potuto rimanere uccisi; ma non ho alcun dubbio, dalle prove che ho riferito, che questo racconto sia stato punto esagerato. Tuttavia son lieto che sia reso maggiormente credibile dalla testimonianza del gesuita Drobrizhoffer, il quale, parlando di una regione molto al nord, dice che era colà caduta una grandine enorme, ed aveva ucciso molto bestiame; gli Indiani quindi chiamarono quel luogo Lalegraicavalca che vuol dire: «le piccole cose bianche». Il dottor Malcolmson, pure mi informa che egli fu testimonio durante l’anno 1831 nell’India di un uragano di grandine tanto grossa che uccise molti grandi uccelli e ferì buon numero di bestiame.
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