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Ottobre 12. – Era mia intenzione spingere oltre la mia escursione, ma non sentendomi al tutto bene in salute, fui obbligato a ritornare con una balandra, ossia una barca con un albero della portata di 100 tonnellate, diretta a Buenos-Ayres. Siccome il tempo era bello, legammo la barca al mattino di buon ora al ramo di un albero di una delle isole. Il Parana è pieno di isole, che van soggette ad un costante decadimento e rinnovamento. A memoria del padrone del bastimento parecchie di queste piuttosto grandi erano scomparse, ed altre si erano formate e coperte di vegetazione. Son fatte di una sabbia melmosa, senza il più piccolo ciottolo, ed erano allora a 1 metro e 20 centimetri sul livello del fiume; ma durante le inondazioni periodiche sono coperte d’acqua. Presentano tutte un carattere; molti salici e pochi alberi sono stretti insieme da una grande varietà di piante rampicanti, che formano così una fitta giungla. Questi boschetti somministrano ricovero ai capibara ed ai giaguari. Il timore di quest’ultimo animale toglieva al tutto il piacere di girare in quei boschi. Quella sera non mi era inoltrato più di un centinaio di metri quando avendo trovato sicure tracce della recente visita della tigre, dovetti tornare indietro. Vi erano di queste tracce sopra ogni isola, e siccome nelle precedenti escursioni, el rastro de los Indios, era stato l’argomento dei nostri discorsi, così in questa lo fu el rastro del tigre.
Le sponde boscheggiate dei grandi fiumi sembrano essere i luoghi di ritrovo prediletti del giaguaro; ma al sud del Plata mi fu detto che frequenta i canneti che crescono sul margine dei laghi; dovunque sembra aver bisogno di acqua.
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