Un giorno, mentre stava cacciando sulle sponde dell’Uruguay, mi furono mostrati certi alberi verso i quali vanno costantemente questi animali per aguzzare, dicesi, i loro artigli. Vidi tre alberi ben noti; di prospetto la corteccia era divenuta liscia, come dal fregamento del petto dell’animale, da ogni lato vi erano profonde scalfitture o meglio scanalature, che si estendevano obliquamente, per la lunghezza di quasi un metro. Queste scalfitture erano di varie età. Un metodo comune per assicurarsi se nel contorno v’ha un giaguaro è quello di esaminare questi alberi. Mi figuro che questo costume del giaguaro sia precisamente uguale a quello che si può osservare ogni giorno nel gatto domestico, quando colle zampe allungate e gli artigli protratti sgraffia le gambe di una seggiola; ed ho sentito dire che in Inghilterra alcune giovani piante da frutta in un orto, erano state in tal modo molto danneggiate. Un’abitudine ad un dipresso cosiffatta deve essere comune al puma, perchè sul nudo terreno della Patagonia ho veduto frequentemente graffiature tanto profonde, che nessun altro animale poteva averle fatte. Secondo me lo scopo di questa pratica è quello di portar via le punte scheggiate dei loro artigli, e non, come credono i Gauchos, di aguzzarli. Si uccide il giaguaro senza grande difficoltà, coll’aiuto di cani che l’inseguono e lo obbligano a salire sopra un albero, ove con due o tre palle è spedito.
A cagione del tempo cattivo abbiamo dovuto rimanere due giorni allo ancoraggio.
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