Nessuna azione possibile di un allagamento qualunque avrebbe potuto modellare in tal modo il terreno, sia dentro la valle, sia lungo la costa aperta, e la valle stessa è stata scavata dalla formazione di quelle pianure o altipiani a gradinate. Quantunque sappiamo che vi sono maree che procedono avanti dentro lo stretto di Magellano in ragione di otto nodi all’ora, dobbiamo confessare che la mente nostra è presa da stupore riflettendo al numero degli anni, al trascorrere dei secoli, che le maree, senza l’aiuto di grossi cavalloni, debbono aver consumato per scavare un’area tanto vasta ed un tale spessore di lava di solido basalto. Nondimeno, dobbiamo credere che gli strati minati dalle acque di questo antico stretto fossero spezzati in grossi frammenti, e questi sparsi sulla riva erano ridotti dapprima in pezzi più piccoli, poi in ciottoli, ed infine nel fango impalpabile che le maree trascinarono lontano negli Oceani orientale e settentrionale.
Col mutarsi della struttura geologica delle pianure, anche il carattere del paesaggio venne pure alterato. Quando io andava girando sopra alcune delle strette file di roccie, avrei potuto immaginarmi di essere trasportato nuovamente nelle sterili valli dell’isola di Sant’Jago. In mezzo ai dirupi di basalto trovai alcune piante che io non avevo veduto in nessun altro luogo, ma ne riconobbi altre che dovevano essere venute dalla Terra del Fuoco. Queste roccie porose servono come serbatoio della scarsa acqua piovana; ed in conseguenza sulla linea ove si uniscono le formazioni ignee e sedimentarie, scaturiscono (cosa rarissima in Patagonia) alcune piccole sorgenti, e queste possono distinguersi ad una certa distanza pei circoscritti ciuffi di erbe color verde vivo.
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