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      Erano collocati sopra punte sporgenti sull’orlo del più alto dirupo di lava, e rassomigliavano, ma in piccolo, a quelli vicini a Porto Desiderio.
      Maggio 4. – Il Capitano Fitz-Roy si determinò a non far progredire più oltre le barche. Il fiume aveva un corso tortuoso, ed era rapidissimo, e l’aspetto del paese non offriva nessuna attrattiva a procedere avanti. Incontrammo ovunque le medesime produzioni, ed il medesimo desolato paesaggio. Eravamo ora centoquaranta miglia distanti dall’Atlantico, e circa sessanta dal più vicino braccio del Pacifico. In questa parte superiore la valle si allargava in un ampio bacino, limitato a settentrione e a mezzogiorno dagli alti piani di basalto, e fronteggiato dalla lunga catena delle nevose Cordigliere. Ma noi guardavamo quelle grandi montagne con rincrescimento, perchè eravamo obbligati ad immaginare la loro natura e le loro produzioni, invece di trovarci, come avevamo sperato, sulle loro cime. Oltre alla inutile perdita di tempo che ci avrebbe costato un tentativo di continuare a risalire il fiume, eravamo già da parecchi giorni a mezza razione di pane. Questa, sebbene fosse abbastanza sufficiente per uomini ragionevoli, era, dopo una faticosa marcia di un giorno, un cibo piuttosto scarso; uno stomaco leggero ed una facile digestione sono cose buonissime in teoria, ma sgradevolissime in pratica.
      Maggio 5. – Prima dell’alba noi cominciammo la nostra discesa. Scendevamo lungo la corrente con grandissima velocità, generalmente in ragione di dieci nodi all’ora.


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Diario di un naturalista giramondo
di Charles Darwin
pagine 739

   





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