Vidi pure in un luogo o due la palma dattifera; è un albero maestosissimo, e mi figuro che un boschetto di essi nei loro nativi deserti di Asia o d’Africa debba essere stupendo. Passammo pure San Felipe, graziosa e scomposta città simile a Quillota. La valle in questa parte si allarga in uno di quei grandi golfi o pianure che giungono al piede delle Cordigliere, dei quali si è detto formare una parte tanto curiosa del paesaggio del Chilì. La sera giungemmo alle miniere di Jajuel, situate in un burrone al fianco della grande catena. Mi fermai colà cinque giorni. Il mio ospite, sopraintendente della miniera, era un astuto, ma piuttosto ignorante minatore inglese della Cornovaglia. Aveva sposato una spagnola e non si proponeva di tornare in patria, ma la sua ammirazione per le miniere del suo paese rimaneva illimitata. Fra le altre domande che mi fece, vi era questa: «Ora che Giorgio Rex è morto, quanti membri della famiglia Rex rimangono ancora? » Questo Rex deve essere certamente un parente del grande autore Finis, che scrisse tutti i libri!
Queste miniere sono di rame, ed il minerale vien tutto spedito con navi a Swansea, per essere fuso. Quindi le miniere hanno un aspetto singolarmente tranquillo, se si paragonano a quelle dell’Inghilterra; qui nè fumo nè fornaci, nè grandi macchine a vapore disturbano la solitudine dei monti circostanti.
Il Governo del Chilì o meglio la legge antica spagnuola, incoraggia con ogni mezzo la ricerca delle miniere. Lo scopritore può sfruttare una miniera sopra ogni terreno pagando sei franchi e venticinque centesimi, e prima di aver pagato questo può scavare anche nel giardino di un altro per venti giorni.
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