I due giorni susseguenti furono belli, e a notte giungemmo nell’isola di Quinchao. Questo contorno è la parte più coltivata dell’arcipelago; perchè una larga striscia di terra sulla costa dell’isola principale, come pure sopra molte altre più piccole, sono quasi al tutto diboscate. Alcuni di quei poderi parevano pieni di ogni comodità. Era curioso di sapere quale potesse essere la ricchezza di ognuno di questa gente, ma il signor Douglas mi disse che non si può asserire che qualcuno abbia una entrata regolare. È possibile che uno fra i proprietari più ricchi, possa accumulare con una lunga ed industre vita, circa 25.000 franchi; ma se questo avesse luogo, nasconderebbe il tutto in qualche cantuccio segreto, perchè quasi tutte le famiglie hanno l’uso di avere un vaso od una cassa pel danaro, nascosta sotto terra.
Novembre 30. – Domenica mattina di buon’ora giungemmo a Castro, antica capitale di Chiloe, ma ora abbandonata e deserta. Si poteva ancora scorgere la disposizione quadrangolare delle città spagnuole, ma le strade e le piazze erano ricoperte di una bella erba verde sulla quale brucavano le pecore. La chiesa che sta nel mezzo, è al tutto fabbricata di legno, ed ha un aspetto pittoresco e venerabile. Sì può immaginare la povertà di quel luogo da questo fatto, che quantunque contenga alcune centinaia di abitanti, uno della nostra brigata non riuscì a trovar da comperare una libbra di zucchero o un coltello comune. Nessun individuo possedeva un oriuolo; ed un vecchio, il quale si supponeva avesse un’idea giusta del tempo, era incaricato di suonare le campane della chiesa così a caso.
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