L’arrivo delle nostre barche fu un avvenimento in quel remoto angolo del mondo; e quasi tutti gli abitanti scesero sulla spiaggia per vedere piantare le tende. Furono cortesissimi e ci offersero una casa; ed un uomo ci mandò in dono un vaso di sidro. Al dopo pranzo andammo a presentare i nostri rispetti al governatore, vecchio pacifico, il quale nell’aspetto e nel modo di vivere, era di poco superiore ad un contadino inglese. A notte cominciò a piovere dirottamente, ciò che bastò appena ad allontanare dalle nostre tende la folla dei curiosi. Una famiglia indiana, che era venuta per trafficare, in una barca, da Caylen, bivaccava accanto a noi. Non avevano nulla che li riparasse dalla pioggia. Al mattino domandai ad un giovane indiano, bagnato fino alle ossa, come avesse passato la notte. Pareva di buonissimo umore e rispose: «Muy bien, senor».
Dicembre 1. – Partimmo per l’isola di Lemuy. Io desiderava molto di esaminare una reputata miniera di litantrace, che si trovò poi essere lignite di poco valore, nell’arenaria (probabilmente di un’antica epoca terziaria) di cui queste isole sono composte. Quando giungemmo a Lemuy si durò fatica a trovare un luogo per piantare le nostre tende, perchè era l’alta marea, e la terra era boscheggiata fino all’orlo dell’acqua. Poco dopo fummo circondati da una numerosa comitiva di abitanti indiani quasi al tutto puri. Essi furono molto sorpresi del nostro arrivo, e si dicevano fra loro: «Questa è la ragione perchè ultimamente abbiamo visto tanti pappagalli; il Cheucau (un singolare uccellino dal petto rosso, che abita le fitte foreste, e manda suoni particolari), non ha fatto sentire per nulla il suo «fa attenzione». Furono subito volonterosi di fare scambi.
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