Gennaio 1, 1835. – Il nuovo anno è cominciato qui colle cerimonie proprie a queste regioni. Non ci porta false speranze; un forte vento di nord-ovest con pioggia continua comincia il nuovo anno. Grazie a Dio, non siamo destinati a vederne qui la fine, ma speriamo di essere allora nell’oceano Pacifico, ove un azzurro firmamento ci dice che vi è un cielo – un qualche cosa oltre le nuvole che stanno sul nostro capo.
Siccome i venti nord-ovest hanno dominato durante questi quattro giorni, non facemmo che attraversare un grande golfo e gettar l’àncora in un altro porto sicuro. Accompagnai il capitano in barca fino al Capo di un seno profondo. Durante la via il numero di foche che vedemmo fu veramente straordinario; ogni pezzo di roccia piana e molte parti della spiaggia erano coperte di quegli animali. Sembravano essere di umore amorevole, e giacevano ammucchiati insieme, profondamente addormentati, come tanti maiali; ma anche i maiali avrebbero avuto vergogna del loro sudiciume, e del fetore che esalavano. Ogni branco era custodito dagli occhi pazienti, ma malaugurati dell’Urubu. Quest’uccello disgustoso con la sua testa calva e rossa, fatto per sguazzare nell’immondizia, è comunissimo sulla costa occidentale, ed il suo accompagnare le foche mostra quale sia il suo cibo. Trovammo acqua (probabilmente solo quella della superficie) quasi dolce: questa era prodotta dal numero di torrenti che, in forma di cascate, scendono rumoreggiando sulle alte montagne di granito fino al mare. L’acqua dolce attira il pesce, e questo porta molte sterne, gabbiani e due specie di cormorani.
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Dio Pacifico Capo Urubu Accompagnai
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