Passammo la notte a ciel sereno e l’indomani mattina giungemmo a San Carlos. Si giunse in buon punto, perchè prima di sera cominciò a piovere dirottamente.
Febbraio 4. – Partimmo da Chiloe. Durante l’ultima settimana feci parecchie escursioni. Una ebbe per scopo di esaminare un grande giacimento di conchiglie attuali alto 100 metri circa sopra il livello del mare; in mezzo a queste conchiglie crescevano grossi alberi di foresta. Un’altra volta andai a cavallo fino a P. Huechucucuy. Io aveva con me una guida che conosceva troppo bene il paese; non si stancava di indicarmi col suo sterminato nome indiano ogni punta, ogni ruscelletto ed ogni seno. Nello stesso modo come nella Terra del Fuoco, il linguaggio indiano sembra molto bene acconcio per dare un nome ad ogni minimo rilievo di terra. Credo che ognuno sarà stato contento di congedarsi da Chiloe; tuttavia se si potesse dimenticare la malinconica e continua pioggia invernale, Chiloe potrebbe essere un’isola piacevole. Vi è qualche cosa di molto attraente nella semplicità e nella umile cortesia di quei poveri abitanti.
Veleggiammo al nord lungo la spiaggia, ma pel tempo burrascoso non si giunse a Valdivia che la notte dell’8. L’indomani mattina, la barca si diresse alla città che dista circa dieci miglia. Seguimmo il corso del fiume, lasciando indietro di tratto in tratto capanne e pezzi di terreno diboscato dalla non interrotta foresta; e talora incontrando qualche barchetta contenente una famiglia indiana. La città è fabbricata sulle basse sponde del fiume, ed è talmente seppellita in un bosco di meli che le strade non sono altro che sentieri di un orto.
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