Quell’uomo me ne mostrò uno che una brigata di realisti fuggiaschi aveva gettato giù quattordici anni fa; e prendendo questo per base di calcolo, credo che un tronco del diametro di quarantacinque centimetri in trent’anni si muterebbe in un mucchio di terra.
Febbraio 20. – Questo giorno è stato memorabile negli annali della Valdivia, pel più terribile terremoto che sia mai stato udito dai più vecchi del paese. Mi trovava per caso sulla spiaggia e mi era sdraiato nel bosco per riposarmi. Il terremoto venne all’improvviso e durò due minuti, ma il tempo sembrò molto più lungo. L’ondeggiamento del terreno era sensibilissimo. Le oscillazioni parvero al mio compagno ed a me venire dall’oriente, mentre altri credettero che venissero dal sud ovest; questo dimostra quanto sia difficile talora riconoscere la direzione delle vibrazioni. Non si durava fatica a rimanere in piedi, ma il movimento mi faceva venire le vertigini; somigliava un poco al cullare di un bastimento in mare, non molto agitato, o meglio al muoversi di una persona che scivola sul ghiaccio sottile che si piega sotto il peso del suo corpo.
Un forte terremoto distrugge in una volta tutte le nostre più antiche associazioni; la terra, vero emblema di solidità, si è mossa sotto i nostri piedi come una crosta sottile sopra un fluido; – lo spazio di un secondo ha destato nella mente una strana idea di non sicurezza, che parecchie ore di riflessione non avrebbero prodotto. Nella foresta, mentre il vento scuoteva alberi, io sentiva solo tremare la terra, ma non vidi nessun altro effetto.
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Valdivia
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