Quando veniva posto sopra una tavola, e quantunque questa fosse attorniata di gente, se gli veniva presentato un dito, il coraggioso insetto sporgeva fuori immediatamente il suo pungiglione, si faceva avanti, e se si lasciava fare, suggeva il sangue. La ferita non recava nessun dolore. Era curioso osservare il suo corpo durante l’atto del succhiare, perchè in meno di dieci minuti da una creatura piatta come un’ostia si mutava in una forma globulare. Questo festino, del quale la benchuca andava debitrice ad uno degli ufficiali, la mantenne grassa per quattro interi mesi; ma, dopo la prima quindicina, era pronta a ricominciare a succhiare.
Marzo 27. – Continuammo il nostro viaggio verso Mendoza. Il paese è benissimo coltivato e rassomiglia al Chilì. Questo contorno è celebre per le sue frutta, e certamente nulla poteva parere più rigoglioso dei vigneti e degli orti di fichi, di peschi e di olivi. Comprammo alcuni cocomeri grossi quasi due volte come il capo di un uomo, deliziosamente freschi e saporiti, pel prezzo di un soldo l’uno, e pel valore di sei soldi una mezza carretta di pesche. La parte chiusa e coltivata di questa provincia è piccolissima; è poco più di quella che avevamo attraversato fra Luxan e la capitale. La terra, come nel Chilì, deve al tutto la sua fertilità alla irrigazione artificiale; ed è invero meraviglioso osservare quanto straordinariamente fertile diviene un tratto di terra aridissimo.
Rimanemmo il giorno seguente a Mendoza. La prosperità del luogo è molto scemata in questi ultimi anni.
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