A Guayaquil, si dice che un forte acquazzone nella stagione asciutta vien sempre seguito da un terremoto. Nel Chilì settentrionale, per la somma scarsità di pioggia, o anche di tempo nuvoloso, la probabilità di coincidenze accidentali diviene piccolissima; tuttavia gli abitanti sono molto fermamente convinti di qualche rapporto fra lo stato dell’atmosfera ed il tremare del terreno: rimasi molto colpito da ciò, quando avendo detto a qualche persona a Copiapò che vi era stata una forte scossa a Coquimbo, mi sentii dire: «che fortuna! vi sarà abbondanza di pascolo, quest’anno».
Secondo la loro idea un terremoto faceva prevedere la pioggia colla stessa certezza con cui la pioggia faceva sperare abbondanza di pascolo. Certamente accadde che lo stesso giorno del terremoto cadde pioggia, la quale, come ho già detto, in dieci giorni produsse una scarsa erbetta. Altre volte la pioggia tenne dietro ai terremoti, in un periodo dell’anno quando è un prodigio ancor più grande che non lo stesso terremoto: questo ebbe luogo dopo la scossa del novembre 1822, e di nuovo nel 1829, a Valparaiso; anche dopo quella di settembre 1833, a Tacua. Una persona deve essere in certo modo avvezza al clima di questi paesi, per conoscere la somma improbabilità della pioggia in quelle stagioni, tranne come una conseguenza di qualche legge che non ha per nulla relazione col corso ordinario del tempo. Nel caso di grandi eruzioni vulcaniche, come quella di Coseguina, ove caddero torrenti di pioggia in un tempo dell’anno molto insolito per quello, e «quasi senza precedenti nell’America centrale», non è difficile comprendere che i volumi di vapore e le nuvole di ceneri possano avere disturbato l’equilibrio atmosferico.
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