Colui che paragona questi tre lavori, si formerà, credo un concetto discretamente esatto dello stato attuale dl Tahiti. Una delle mie impressioni, che io aveva attinto dalle due ultime autorità, era decisamente erronea; cioè che i Tahitiani fossero divenuti una razza melanconica, e vivessero timorosi dei missionari. Non vidi traccia di quest’ultimo sentimento, a meno che il timore ed il rispetto siano confusi in un nome solo. In luogo di essere lo scontento un sentimento generale, credo che sarebbe difficile trovare in Europa in una folla neppure la metà di un numero tanto grande di uomini di buon umore. La proibizione del flauto e del ballo è biasimata come dannosa e sciocca – il modo più che presbiteriano di osservare la festa è considerato nello stesso modo. Intorno a questi argomenti non voglio pretendere di dare la mia opinione, contro quella di uomini che hanno dimorato in quell’isola, tanti anni quanti giorni vi ho passato io.
Nel complesso, mi sembra che la moralità e la religione degli abitanti siano molto rispettabili. Vi sono molti che censurano, anche più acerbamente che non Kotzebue, tanto i missionari, quanto il loro sistema e gli effetti da esso prodotti. Quei ragionatori non comparano mai lo stato attuale dell’isola con quello di soli venti anni fa; nè anche con quello dell’Europa di oggi; ma lo comparano con quello della più alta perfezione evangelica. Vorrebbero che i missionari compiessero ciò in cui non riuscirono neppure gli Apostoli. In qualunque parte dove la condizione delle genti si scosta da quell’alto punto di perfezione, si getta il biasimo al missionario, invece di lodarlo per quello che ha fatto.
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