Si dice che un gran numero dei loro bambini muoiono di buon’ora per effetto della loro vita errante; e siccome la difficoltà di procurarsi nutrimento va sempre crescendo, così pure debbono crescere i loro costumi erranti, e quindi la popolazione, senza morire apparentemente di fame, è scemata in modo molto più repentino di quello che non segua nei paesi civili, ove il padre sebbene possa soffrire pel maggior lavoro che è obbligato a fare, non distrugge la sua prole.
Oltre queste varie cause evidenti di distruzione, sembra esservi qualche agente ancor più misterioso che operi in generale. In ogni luogo ove l’Europeo pone il piede, la morte sembra colpire gli indigeni. Possiamo dare una occhiata alla grande distesa delle Americhe, alla Polinesia, al Capo di Buona Speranza, ed all’Australia, e troveremo lo stesso risultamento. E non è solo l’uomo bianco quello che fa questa opera di distruzione; i Polinesi di razza Malese hanno, in alcune parti dell’arcipelago delle Indie orientali, fatto retrocedere la razza indigena di color più scuro. Le varietà umane sembrano operare le une sulle altre nel medesimo modo come le differenti specie di animali – i più forti distruggono sempre i più deboli. Faceva pena sentir dire dai belli ed energici indigeni della Nuova Zelanda, che sapevano bene che il loro paese era destinato a passare in altre mani che non quelle dei loro figli. Tutti sanno, o hanno inteso parlare della inesplicabile diminuzione della popolazione nella bella e salubre isola di Tahiti dopo il tempo dei viaggi del capitano Cook; mentre in questo caso avremmo dovuto aspettarci ad un fatto contrario, cioè al suo accrescimento; perchè l’infanticidio, che prima era tanto in uso, è cessato, la dissolutezza è scemata di molto, e le guerre sterminatrici sono divenute meno frequenti.
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