Ora, se nella nostra specie variabile gli stami più lunghi fossero divenuti quasi eguali in lunghezza in un gruppo consi-derevole di individui, mentre il pistillo si fosse più o meno ri-dotto, ed in un altro gruppo gli stami più brevi fossero anche essi divenuti analogamente eguali mentre il pistillo si fosse più o meno allungato, allora sarebbe assicurata la fecondazione in-crociata con una leggera perdita di polline, e questa modifica-zione riescirebbe per la specie tanto utile che non vi sarebbe alcuna difficoltà ad ammettere che essa potesse essere effettuata per l’azione della elezione naturale. La nostra pianta si avvici-nerebbe in tal modo assai per la sua struttura ad una specie e-terostile dimorfa o ad una specie trimorfa, se gli stami nello stesso fiore fossero ridotti a due lunghezze corrispondenti a quelle dei pistilli nelle due altre forme. Ma noi non abbiamo ancora toccato la principale difficoltà che incontriamo nella ricerca del modo come possono essere sorte le specie eterostili. Una pianta completamente autosterile o dicogama può fecon-dare qualunque altro individuo della medesima specie od es-serne fecondata da esso, mentre il carattere essenziale di una pianta eterostile è quello che un individuo di una data forma non può fecondare un altro individuo della stessa forma e non può essere fecondato da esso, ma soltanto uno che appartiene ad un’altra forma.
Il Müller ha supposto ( ) che le piante ordinarie od omosti-li possano diventare eterostili semplicemente per l’azione dell’abitudine.
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Müller
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