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      D’altro canto l’autofecondazione è di evidente utilità, in quanto che assicura un completo prodotto di semi; e noi abbiamo veduto nelle altre specie inglesi di Ophrys, le quali non possono fecondarsi da sè, quale piccola parte dei loro fiori producono frutti. Giudicando dalla struttura dei fiori di O. apifera, mi sembra quindi quasi certo, che essi in un periodo anteriore siano stati accomodati per una fecondazione incrociata; ma non producendo essi una copia bastante di semi, siano stati leggermente modificati in modo da render possibile l’autofecondazione. Secondo questo modo di vedere, riesce però strano che nessuna delle parti in questione dimostri una tendenza ad abortire, che nei diversi e lontani paesi in cui cresce la pianta, i fiori sieno ancora sempre appariscenti, i dischi ancora vischiosi e i picciuoli conservino ancora la proprietà di muoversi, quando i dischi vengano esposti all’aria libera. I punti dotati di splendore metallico, esistenti alla base del labello, sono tuttavia più piccoli che nelle altre specie; e se essi servono ad attirare gl’insetti, questa differenza è di qualche importanza. Potendosi appena dubitare che l’O. apifera non sia stata dapprima così costrutta, da venire regolarmente fecondata per incrociamento, si può domandare, se essa ritornerà mai nello stato suo primiero, e se, non avvenendo una tal riversione, essa debba scomparire. A queste domande non è possibile rispondere, come non lo è possibile rispetto a quelle piante, le quali ora esclusivamente si riproducono col mezzo di gemme e di stoloni, ecc., ma che producono fiori, i quali di rado o mai danno semi, e vi ha fondamento per credere che la riproduzione agamica sia molto analoga ad una autofecondazione per lungo tempo continuata.


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I diversi apparecchi col mezzo dei quali le orchidee vengono fecondate dagli insetti
di Charles Darwin
Utet
1883 pagine 318

   





Ophrys