Noi possiamo dedurre da ciò, che un fiore di orchidea è formato da cinque parti semplici, e cioè da tre sepali e da due petali, e da due parti composte, la colonnetta e il labello. La colonnetta è formata da tre pistilli e per lo più da quattro stami, tutti saldati perfettamente assieme. Il labello è formato da un petalo con due stami petaloidi del ciclo esterno, i quali pure sono completamente fusi assieme. Mi piace ricordare che questo fatto è reso più probabile da ciò che nelle Marentacee, piante affini alle Orchidee, gli stami, anche i fertili, sono spesso petaloidi e parzialmente collegati fra loro. Questa opinione sul significato del labello spiega la sua considerevole grandezza, la sua frequente forma triloba e in ispecie la sua maniera di unione colla colonnetta assai diversa da quella degli altri petali112. Poichè gli organi rudimentali variano considerevolmente, noi possiamo comprendere in questo modo quella variabilità che, come mi dice il Dr Hooker, è caratteristica per le escrescenze del labello. In alcune Orchidee provvedute di un nettario speroniforme i due lati sono formati probabilmente dai due stami modificati; così nella Gymnadenia conopsea (non però nella Orchis pyramidalis) i vasi che hanno origine dai due gruppi ovarici lacero-anteriori decorrono all’ingiù sui lati del nettario; quelli dell’unico gruppo anteriore decorrono in basso esattamente sulla parte mediana del nettario e formano poscia risalendo sulla faccia opposta la costa media del labello. La circostanza, che i lati del nettario sono formati, come appare dal suesposto, da due organi distinti, spiega evidentemente la tendenza, che si manifesta in Calanthe, nell’Orchis morio, ecc., ad avere l’estremità bifida.
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