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      E sappiamo tuttavia, che nascosti in ogni colonnetta e nei circostanti petali e sepali esistono quindici gruppi di vasi disposti alternativamente in cicli di tre elementi, i quali probabilmente si sono conservati fino al presente, perchè esistevano ben sviluppati in un’epoca antica, prima ancora che la forma o l’esistenza di una parte qualsiasi del fiore avesse un’importanza per il benessere della pianta.
      Possiamo noi essere soddifatti col dire che ogni orchidea sia stata creata esattamente, come è al presente, secondo un «tipo ideale», e che un creatore onnipotente, dopo aver stabilito un piano per l’intiero ordine, non volendo allontanarsi dal piano stabilito, abbia assegnato ad uno stesso organo funzioni diverse, — spesso d’importanza molto subordinata di fronte a quella sua propria, — ed abbia trasformato altri organi in semplici ed inutili rudimenti, e li abbia ordinati in modo come se dovessero sussistere isolati e distinti, e facendoli poi fondersi assieme? Non è egli più semplice e più razionale ammettere, che tutte le orchidee debbano tutto ciò che hanno in comune alla derivazione da una qualche pianta monocotiledone, la quale, come molte altre piante della stessa classe, abbia posseduto quindici organi, disposti in cicli di tre elementi alternanti, e che la struttura oggidì tanto mirabilmente modificata sia una conseguenza di un lungo processo di lente modificazioni, in cui sia stata conservata ogni modificazione che sia stata utile alla pianta durante le continue variazioni a cui il mondo organico come l’organico furono soggetti?


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I diversi apparecchi col mezzo dei quali le orchidee vengono fecondate dagli insetti
di Charles Darwin
Utet
1883 pagine 318