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      Nè nella Digitalis nè nel Dianthus non v'ebbero differenze degne di nota fra la quantità dei semi prodotti coll'uno o coll'altro metodo. Nella Ipomaea si ottenne un maggior numero di semi (nella proporzione di 100 a 91) mediante un incrocio tra fiori della stessa pianta, che non dalla rigorosa autofecondazione di questi fiori; ma ho motivo per dubitare che ciò sia avvenuto per accidente. Nell'Origanum vulgare tuttavia, un incrocio tra fiori di piante dello stesso ceppo propagato per stoloni ebbe per conseguenza di aumentare leggermente la loro fecondità. La stesso avvenne, come vedremo subito, nell'Eschscholtzia, la Corydalis cava e l'Oncidium, ma nulla di simile si osservò nella Bignonia, nell'Abutilon, nel Tabernaemontana, nel Senecio e, in apparenza, nella Reseda odorata.
      Piante autosterili (e sterili col loro proprio polline).
      I casi di cui ora si parla avrebbero dovuto essere compresi nella Tabella F, che espone la fertilità relativa dei fiori fecondati sia col loro proprio polline, sia con quello d'una pianta distinta; ma ho trovato opportuno di esaminarli separatamente. Il caso presente non deve confondersi con quelli che saranno trattati nel prossimo capitolo, a proposito dei fiori che restano sterili se non sono visitati dagli insetti, perchè una tale infecondità dipende, non solo dall'essere i fiori incapaci d'essere fecondati dal loro proprio polline, ma ben anche da qualche causa meccanica che impedisce al loro polline di arrivare sullo stigma, oppure da ciò che il polline e lo stigma maturano in epoche diverse.


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Gli effetti della fecondazione incrociata
di Charles Darwin
Utet
1878 pagine 584

   





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