Mi arrischierò a fare alcune osservazioni intorno ai punti più importanti ed interessanti fra questi.
L’arcivescovo Sumner asseriva già che l’uomo solo è capace di un progressivo miglioramento. Per ciò che riguarda gli animali, osservando solo l’individuo, ognuno che abbia avuto qualche pratica del tendere trappole sa che gli animali giovani si prendono con maggiore facilità dei vecchi; e si lasciano avvicinare dal nemico molto agevolmente. In quanto agli animali vecchi, è impossibile prenderne molti nello stesso luogo e collo stesso agguato, o distruggerli colla stessa qualità di veleno; tuttavia non è probabile che tutti abbiano assaggiato il veleno, ed è impossibile che tutti siano stati colti al laccio. Essi debbono imparare ad esser cauti vedendo i loro compagni presi o avvelenati. Nell’America del nord, ove gli animali dalle pellicce sono stati lungamente perseguitati, essi mostrano secondo le asserzioni unanimi di tutti gli osservatori, una dose quasi incredibile di sagacia, di cautela e di malizia: ma gli agguati sono stati adoperati tanto lungamente che è possibile che l’eredità sia venuta in giuoco.
Se osserviamo le successive generazioni, o la razza, non v’ha dubbio che gli uccelli ed altri animali vadano acquistando e perdendo2 gradatamente la cautela in rapporto coll’uomo o cogli altri loro nemici; e questa cautela è in gran parte dovuta all’eredità od istinto, ma in parte è frutto di esperienza individuale. Un buon osservatore, Leroy, asserisce in quelle parti ove si dà molto la caccia alle volpi, i giovani quando cominciano a lasciare le loro tane sono incontestabilmente molto più guardinghi che non i vecchi in quelle parti ove non sono molto disturbati.
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Sumner America Leroy
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