Siccome possiamo talvolta osservare la lotta che in alcuni animali a noi inferiori segue fra i loro vari istinti, così non vi sarebbe da far le meraviglie che vi fosse pure una lotta nell’uomo fra i suoi istinti sociali, le virtù che da quelli derivano, e i suoi più bassi sebbene momentaneamente più potenti impulsi o desiderî. Ciò, come osserva il signor Galton, è tanto meno sorprendente, in quanto che l’uomo è uscito da uno stato di barbarie da un tempo comparativamente recente. Dopo aver ceduto a qualche tentazione noi sentiamo un certo senso di scontento, analogo a quello che fanno provare gli istinti insoddisfatti, e allora si chiama coscienza; perchè non possiamo impedire alle immagini ed impressioni del passato di attraversare continuamente la nostra mente, e noi la compariamo, affievolite come sono, cogli istinti sociali sempre presenti, o colle abitudini che abbiamo contratto nella prima giovinezza e che son divenute più forti col progredire degli anni, e forse anche per via dell’eredità, per cui si son fatte alla fine quasi tanto potenti quanto gli istinti. Pensando alle future generazioni, non v’è ragione per temere che gl’istinti sociali si vadan facendo più deboli, e possiamo prevedere che gli abiti virtuosi si faranno più forti, e mercè l’eredità forse diverranno stabili. In questo caso la lotta fra i nostri migliori impulsi contro i cattivi sarà meno forte e la virtù finirà per trionfare.
Sommario dei due ultimi capitoli. - Non vi può essere ombra di dubbio che fra l’intelligenza dell’uomo più basso e quella dell’animale più perfetto siavi una immensa differenza.
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Galton
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