I selvaggi più rozzi sentono il sentimento della gloria, come lo dimostrano evidentemente i trofei che conservano delle loro prodezze, l’abito che hanno di tanto vantarsi, ed anche la somma cura che si prendono del loro aspetto e dei loro ornamenti; queste abitudini, qualora essi non tenessero conto dell’opinione dei loro compagni, non avrebbero senso.
Certamente provano vergogna quando infrangono una delle minori loro regole; ma fino a che punto sentano il rimorso, questo è molto dubbio. Io dapprima mi meravigliavo di non poter ricordare qualche esempio di questo sentimento nei selvaggi; e sir J. Lubbock asserisce che non ne conosce alcuno. Ma se noi ci togliamo dalla mente tutti i casi riferiti nei romanzi e nelle commedie di confessioni fatte ai preti al letto di morte, dubito che molti di noi abbiano veduto espresso il rimorso; sebbene abbiamo spesso veduto vergogna e contrizione per offese più piccole. Il rimorso è un sentimento profondamente nascosto. È incredibile che un selvaggio, il quale sacrifica la propria vita anzichè tradire la sua tribù, o quello che si lascia far prigioniero piuttosto che mancar di parola, non senta nel fondo dell’anima il rimorso, sebbene possa celarlo, quando abbia mancato a un dovere che considera sacro.
Noi perciò possiamo conchiudere che per l’uomo primitivo, in un periodo remotissimo, la lode o il biasimo dei suoi compagni debbano avere avuto importanza. Evidentemente i membri di una medesima tribù avrebbero approvata quella condotta che pareva loro fosse utile al buonessere generale e disapprovata quella che paresse dannosa.
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Lubbock
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