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      Non sappiamo neppure affatto con quanta rapidità gli organismi alti o elevati nella scala possano, in circostanze favorevoli, venire modificati: tuttavia sappiamo che alcuni conservano la stessa forma durante un enorme tratto di tempo. Da quello che vediamo seguire nell’addomesticamento impariamo che nello stesso periodo alcuni dei condiscendenti delle stesse specie possono non essere per nulla mutati, altri alquanto, altri molto più. Così può essere seguìto anche per l’uomo, che è andato soggetto a grandissime modificazioni in certi caratteri in confronto delle scimmie più elevate.
      La grande spezzatura o lacuna nella catena organica fra l’uomo e i suoi più prossimi affini, la quale non può essere riempita da nessuna specie vivente od estinta, è stata spesso invocata come una grave obiezione alla credenza che l’uomo sia disceso da qualche forma inferiore; ma questa obiezione non sembra di molto peso a coloro i quali, convinti da ragioni generali, credono nel principio generale della evoluzione. Si osservano ad ogni passo lacune in tutte le parti delle serie, alcune ampie, nette e precise, altre in vario grado minori; come tra l’urango e i suoi più prossimi affini, tra il tarsio e gli altri lemuridi, fra l’elefante, e in modo molto più spiccato fra l’ornitorinco e l’echidna, e gli altri mammiferi. Ma tutte queste lacune dipendono puramente dal numero di forme affini che si sono estinte. Fra qualche tempo avvenire, non molto lontano se misurando per secoli, è quasi certo che le razze umane incivilite stermineranno e si sostituiranno in tutto il mondo alle razze selvagge.


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L'origine dell'uomo e la scelta in rapporto col sesso
di Charles Darwin
A. Barion
1926 pagine 830