Lamarck fu condotto ad ammettere il principio della trasformazione graduale delle specie per la difficoltà di discernere le specie dalle varietà, per la serie non interrotta delle forme in certi gruppi organici e per l'analogia colle nostre produzioni domestiche. Quanto ai mezzi di modificazione impiegati dalla natura, egli dava qualche peso all'azione diretta delle condizioni fisiche della vita, come agli incrociamenti fra le forme preesistenti, ed attribuiva la massima influenza all'uso e al non uso degli organi, oppure all'effetto delle abitudini. Sembra ch'egli ripetesse da quest'ultima causa gli adattamenti meravigliosi degli esseri organizzati come, per esempio, il collo lungo della giraffa costrutto tanto ingegnosamente da permetterle di strappare le foglie dai rami degli alberi. Ma credeva anche all'esistenza di una legge di progressivo sviluppo; e siccome tutte le forme organiche avrebbero una medesima tendenza a progredire, egli spiegava l'esistenza attuale d'organismi semplicissimi coll'aiuto della generazione spontanea.
Stefano Geoffroy Saint-Hilaire fino dal 1795 avanzò l'ipotesi che le così dette specie di un medesimo genere non sieno che le varietà degeneri di uno stesso tipo. Solo nel 1828 egli espresse la convinzione che le medesime forme non si fossero perpetuate invariabili, dall'origine delle cose. Pare che egli abbia considerato le condizioni della vita, o ciò ch'egli chiama: "Le mond ambiant" come la cagione principale di ogni trasformazione; ma egli, circospetto nelle sue conclusioni, ricusava di credere che le specie viventi fossero attualmente soggette a modificazioni.
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Geoffroy Saint-Hilaire
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