Prima di intraprendere la trattazione dell'argomento di questo capo, debbo fare alcune osservazioni preliminari sul modo con cui la lotta per l'esistenza si fonda sul principio della elezione naturale. Nel capo precedente abbiamo veduto che fra gli esseri organici allo stato di natura riscontransi variazioni individuali; e per vero io credo che ciò non sia mai stato messo in dubbio. Poca importa che una moltitudine di forme dubbie siano collocate fra le specie, sottospecie, o varietà; nè fa d'uopo, per esempio, conoscere quale rango debbano avere le duecento o trecento forme dubbie di piante inglesi, quando si ammetta l'esistenza di varietà ben distinte. Ma la sola esistenza delle variazioni individuali e di alcune varietà spiccate, quantunque necessaria in sostanza a questo lavoro, poco ci aiuta per spiegare in qual guisa le specie giungano a formarsi naturalmente. Come possono essersi effettuati questi mirabili adattamenti di una parte dell'organismo ad un'altra, alle condizioni esterne della vita, e di un essere organico ad un altro essere? Questi adattamenti stupendi li vediamo più chiaramente nel picchio e nel vischio; essi esistono, benchè meno evidenti, nel più umile parassita che si attacca al pelo del mammifero e alle penne di un uccello, nella struttura del coleottero che si tuffa nell'acqua, nel seme alato che viene trasportato dalla brezza più leggiera: in una parola, noi vediamo delle armonie meravigliose nell'intero mondo organico e nelle sue parti.
Si può anche cercare per quale processo le varietà, da me chiamate specie nascenti, si trasformino alla fine in specie ben definite, le quali nella pluralità dei casi differiscono fra loro assai più delle varietà d'una stessa specie.
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