Nelle produzioni dell'uomo noi dunque vediamo l'azione di ciò che può dirsi principio di divergenza, il quale è cagione delle differenze dapprima appena sensibili, indi vieppiù grandi, per cui le razze divergono nel carattere o fra loro o rispetto ai parenti comuni.
Ma potrebbe domandarsi: come può un principio analogo applicarsi alla natura? Io credo che possa e debba applicarsi con maggiore efficacia (benchè io abbia cercato per molto tempo, prima di penetrare come ciò avvenga), per la semplice circostanza, che quanto più diversificano nella struttura, nella costituzione e nelle abitudini i discendenti di ogni specie, tanto più sono atti ad occupare molti posti assai differenti nell'economia della natura, e quindi più facili a moltiplicarsi.
Noi possiamo discernere chiaramente questa legge se esaminiamo gli animali che hanno abitudini semplici. Prendiamo il caso di un quadrupede carnivoro, arrivato da lungo tempo al numero completo di individui che una data regione può nutrire. Se le sue facoltà naturali per moltiplicarsi sono libere di svolgersi, egli si moltiplicherà soltanto per mezzo di quei discendenti variabili che occuperanno i posti attualmente conservati da altri animali (supposto che la regione non subisca alcun cambiamento nelle sue condizioni). Alcuni di essi, per esempio, possono divenire atti a nutrirsi di nuove sorta di preda morta o viva; altri possono trasferirsi in nuove stazioni, oppure rendersi capaci di arrampicarsi sugli alberi e di frequentare le acque, ed altri forse possono divenire meno carnivori.
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