Si è ripetutamente sostenuto dagli scrittori che credono alla immutabilità delle specie, che la geologia non ha fornito forme di transizione. Questa asserzione è del tutto erronea, come vedremo nel prossimo capitolo. "Ogni specie è un legame fra altre forme affini", disse il Lubbock. Noi lo vediamo chiaramente, se prendiamo un genere che sia ricco di specie viventi od estinte, e ne distruggiamo quattro quinti; perchè in tal caso niuno sarà per dubitare che le rimanenti saranno più distinte fra loro. Se invece furono le forme estreme di un genere che rimasero così eliminate, il genere stesso nella pluralità dei casi resterà più distinto dagli altri generi affini. Ciò che le ricerche geologiche non ci hanno rivelato, è l'esistenza antica di gradazioni infinitamente numerose, tanto strette quanto lo sono le nostre varietà, che abbiano collegato fra loro tutte le specie conosciute. E che a tanto non sia giunta la geologia, è appunto la più comune delle molte obbiezioni che si sono sollevate contro la mia teoria.
Sarà quindi utile riassumere le precedenti considerazioni sulle cagioni della imperfezione delle memorie geologiche, con un esempio ideale. L'Arcipelago Malese è circa di un'estensione eguale a quella parte d'Europa che si estende dal Capo Nord al Mediterraneo e dall'Inghilterra alla Russia; e perciò corrisponde alla superficie di tutte le formazioni geologiche che furono esplorate con qualche esattezza, eccettuate quelle degli Stati Uniti d'America. Convengo pienamente col Godwin-Austen che l'Arcipelago Malese, nelle sue presenti condizioni, colle sue isole grandi e numerose separate da mari estesi e poco profondi, probabilmente rappresenta l'antico stato dell'Europa, all'epoca in cui la maggior parte delle nostre formazioni si andavano accumulando.
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