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      Appena che si è formato un isolotto e che le onde non possono più rompersi con molta violenza contro il banco, i canali e le cavità si riempiono di frammenti cementati fra di loro da una melma calcarea; la superficie del banco è allora convertita in un’area dura e piana (C della sezione), simile ad un suolo artificiale di pietre lavorate. Questa superficie piana varia nella larghezza da 100 a 200 e perfino a 300 yards, ed è disseminata di alcuni grossi frammenti strappati di corallo e gettati là dalle burrasche; essa non rimane scoperta che durante la bassa marea. Soltanto con grande difficoltà e coll’aiuto di uno scalpello potei procurarmi delle scheggie di roccia di questa superficie, perciò mi fu impossibile di determinare, in quale proporzione entravano nella sua formazione da una parte l’aggregazione dei detriti e dall’altra gli accrescimenti verso l’esterno dei muri corallini simili a quelli che ora trovansi sull’orlo. Non conosco niente di più singolare dell’aspetto, a bassa marea, di questa superficie di pietra nuda, sopratutto nella parte ove essa è esteriormente orlata dal rivestimento liscio e convesso delle Nullipore; la si direbbe una diga elevata per resistere al mare che lancia costantemente su di essa delle ondate d’acqua spumeggiante. L’aspetto caratteristico di questo «piano» Si vede nella figura precedente che rappresenta l’atoll dell’Isola Pentecoste.
      Gli isolotti si formano dapprima sulla scogliera ad una distanza di 200 a 300 yards dal suo margine esterno, in causa dell’ammonticchiarsi dei frammenti accumulati da burrasche straordinariamente violenti.


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Sulla struttura e distribuzione dei banchi di corallo e delle isole madreporiche
di Charles Darwin
Utet
1888 pagine 343

   





Nullipore Isola Pentecoste