Quando poi mi parve necessario estendermi in maggiori particolari, per corroborare qualche proposizione o conclusione, mi sono valso dei tipi più minuti. Così feci acciocchè il lettore, che accetta senz'altro le conclusioni, o poco si cura dei particolari, distingua i passi ch'ei può trasandare; però mi si permetta di dire che alcune di queste disquisizioni meritano l'attenzione, almeno di chi fa professione di naturalista.
A coloro che nulla hanno ancor letto intorno alla Elezione naturale, può essere utile darne qui in breve un'idea, da cui apparirà l'importanza di essa in ordine all'origine delle specie(1); tanto più ch'è impossibile in quest'opera non alludere talvolta a questioni che saranno svolte ampiamente nei futuri volumi.
Dai tempi più antichi, e in tutte le parti del mondo, l'uomo ridusse in domesticità molti animali e coltivò molte piante. L'uomo non ha già il potere di alterare le condizioni assolute della vita; nè di mutare il clima d'un paese, nè di aggiungere al suolo qualche nuovo elemento; ma può bene trasportare un animale od una pianta da un clima o da un suolo in un altro; e dargli un nutrimento diverso da quello onde visse nel suo stato naturale. È un errore l'immaginarsi che l'uomo influisca sulla natura e produca le variabilità. Se noi poniamo un pezzo di ferro nell'acido solforico, non possiamo dire strettamente di aver fatto il solfato di ferro, ma solamente di aver messo in azione le loro affinità elettive. Se gli esseri organizzati non avessero in se stessi inerente la tendenza al variare, l'uomo non riuscirebbe a nulla(2). Egli, senza intenzione, espone i suoi animali e le sue piante a varie condizioni di vita; e ne consegue la variabilità ch'ei non può nè prevenire nè limitare.
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Elezione
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