Suppongasi il caso molto semplice d'una pianta coltivata per lungo tempo nel suo luogo nativo, e che per conseguenza non sia stata esposta ad alcun cambiamento di clima. Essa sarà protetta fino ad un certo punto contro le radici di alte piante rivali; sarà generalmente piantata in un suolo concimato, ma probabilmente non più ricco di ogni altro terreno alluvionale; e sarà esposta finalmente a mutar condizioni, coltivata ora in un distretto ed ora in un altro, in suoli differenti. In tali condizioni sarebbe difficile trovare una pianta, sebbene coltivata in modo grossolano, che non abbia dato origine a parecchie varietà. E difficilmente si può sostenere che nei molti mutamenti subiti dalla terra, e durante le naturali migrazioni delle piante da una plaga o da un'isola all'altra, abitate da specie diverse, tali piante non abbiano dovuto subire delle modificazioni nelle loro condizioni di vita, simili a quelle che producono inevitabilmente la variazione delle piante coltivate. Certamente l'uomo sceglie individui variabili e coltiva i loro semi, e poi di nuovo ne presceglie la prole che riuscì variata. Ma la variazione iniziale, su cui agisce l'uomo, e senza cui l'uomo a nulla riuscirebbe, è prodotta da lievi cambiamenti nelle condizioni di vita, che spesso avvengono in natura. Laonde si può dire che l'uomo va facendo uno sperimento in proporzioni gigantesche, a cui la natura s'assoggetta continuamente nel lungo corso dei tempi. Da ciò segue che i principii di domesticità sono di gran rilievo per noi; ed il maggiore risultato che se ne ha si è che gli esseri organici sotto il dominio dell'uomo variarono ampiamente, e le variazioni divennero ereditarie.
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